18/10/2007 Una nuova cura per il tumore del bronzo I reperti archeologici, una volta venuti alla luce, si coprono di macchie verdi, fino alla totale corrosione. Una molecola organica, messa a punto dallâIsmn del Consiglio nazionale delle ricerche, bloccando la âmetastasiâ del male permette di recuperare il manufatto
Una buona notizia per i restauratori. Presto avranno a disposizione un âfarmacoâ piĂš efficace per sconfiggere il âtumoreâ del bronzo, la malattia colpisce soprattutto i reperti archeologici. Una volta venuti alla luce, questi si ricoprono di macchie verdastre che in breve tempo polverizzano il manufatto. I ricercatori dellâIstituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Consiglio nazionale delle ricerche hanno progettato, sintetizzato e validato una molecola organica, la DM02, in grado di arrestare il processo di deperimento. âIl fenomeno di degrado è causato dal cloruro rameoso formatosi allâinterno dellâoggetto nel corso dei secoliâ spiega Gabriel Maria Ingo dellâIsmn-Cnr. âFinchĂŠ giace nel terreno, il reperto si trova in una condizione di equilibrio chimico - fisico stabilizzatasi nel corso dei secoli. Dopo il rinvenimento, a contatto dellâossigeno e dellâumiditĂ , subisce alcune reazioni: il cloruro rameoso si trasforma e genera acido cloridrico che attacca nuovamente il bronzo producendo nuovo cloruro rameoso. Se il processo ciclico non viene bloccato, il bene archeologico subisce una progressiva corrosione, fino alla definitiva distruzioneâ. Per trattare questa tipologia di reperti, attualmente, i restauratori usano il benzotriazolo (Bta) che, oltre a non essere sempre efficace, è sospettato di cancerositĂ . âIn questo tipo di trattamento, lâoggetto rinvenuto viene immerso in una soluzione alcolica riscaldata, con sviluppo di vapori tossici. Tantâè che lâUnione Europeaâ, commenta il ricercatore, âincoraggia la ricerca di nuovi materialiâ. Basta invece una piccola quantitĂ di DM02 per avere buoni risultati: lâantidoto viene spalmato con un pennello direttamente sulla parte âmalataâ a concentrazioni dalle 30 alla 100 volte inferiori a quelle del benzotriazolo; essendo efficace in piccole dosi, la DM02 assicura anche un minor pericolo di tossicitĂ . âIl nostro obiettivo è realizzare composti efficienti e non pericolosi per lâuomo, che agiscano attraverso meccanismi nanoscopici completamente diversiâ, spiega Ingo, âaltrimenti câè il rischio che nel giro di pochi anni ci troviamo ad essere disarmati di fronte al progressivo degrado del patrimonio archeologico. Sulla base di una vasta esperienza acquisita dallo studio del meccanismo di degrado dei bronzi antichi abbiamo modificato una molecola organica, facendo in modo che essa fosse in grado di agganciarsi alla superficie del manufatto e di bloccare la reattivitĂ del cloruro rameosoâ. Viene cosĂŹ arrestata âla metastasiâ delle pericolose macchie verdastre. I test condotti da Isabella Maria Pierigè, conservatrice della Soprintendenza Archeologica dâAbruzzo, e coordinati da Tilde de Caro e Cristina Ricucci dellâIsmn-Cnr, hanno verificato su alcuni reperti la proprietĂ âcurativaâ della DM02. âNel prosieguo delle attivitĂ â, conclude il ricercatore, âsi cercherĂ di incrementare lâefficacia della nuova molecola per lâapplicazione anche sugli argenti archeologici, definendo il protocollo di impiego per trasferire la scoperta agli utilizzatori finaliâ.
Sono disponbili immagini
Roma, 18 ottobre 2007
La scheda:
Chi: Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Consiglio nazionale delle ricerche Che cosa: Nuova molecola contro il âtumoreâ dei bronzi antichi Informazioni: Gabriel Maria Ingo, Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Cnr, Roma- Montelibretti, tel. 06/90672336, e-mail: gabriel.ingo@ismn.cnr.it
Ufficio stampa Cnr: Sandra Fiore, tel. 06/49933789-3383, e mail: sandra.fiore@cnr.it ------------------
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